Elba isola di poeti e narratori

Elba isola di poeti e narratori è un'antologia, ma non un' antologia critica perché non sono una critica, né desidero esserlo. E' il percorso di una lettrice che ha con la parola scritta un rapporto emotivo, empatico, emozionale e non intellettuale, che tenterà di dare uno sguardo sugli scrittori elbani e sull’Elba nella letteratura.

domenica 17 febbraio 2013

Tornerai di Oreste Del Buono


Questo brano di Tornerai ( Einaudi, 1976) è stato pubblicato sulla rivista Lo Scoglio "Primavera'88"- I trimestre- Anno VI pp. 17-18 con il titolo 

Le api elbane


Pericolo.La sensazione inspiegabile, la bocca dello stomaco oppressa, le palpebre che si affannano a sbattere, cercando di decifrare, cosa? Lei è qualche passo avanti a me, dovrei affrettarmi per raggiungerla: si tratterebbe solo di rotolare in basso secondo l’invito della scorciatoia. Ma lei è ferma, ingobbita, il collo scomparso tra le spalle. La sensazione precipita, il ronzio azzurro di cielo, giallo di sole, verde di macchia lacerati, stravolti, ribollenti su di lei e su di me. I miei capelli, lo so, sono troppo lunghi sulla nuca, sporchi, impasticciati, i miei capelli cominciano a fremere, i miei capelli, sollevo la mano per dominare la ribellione, sfioro il ronzio sempre più invelenito e velenoso.
-Fermo, papà. Fermo.
Lei ha parlato ancora, insisto a riportare ordine tra i miei capelli, la bocca dello stomaco oppressa, le palpebre che si affannano a sbattere, non c’è più nulla da decifrare. Finalmente, riesco ad allontanare quell’ape, ma il ronzio è più velenoso e invelenito che mai.
La lotta è impari, un’altra ape viene all’assalto. E un’altra ancora. Un’altra. Api e api , macché pericolo, ci sono dentro, la bocca dello stomaco oppressa, le palpebre che s’affannano a sbattere, nulla  più da decifrare, dentro, dentro. Di pericolo si può parlare prima che un fatto succeda, quando si sarebbe in grado di evitarlo, e io ci sono troppo dentro. La rabbia di esserci, in trappola. Di chi è stata la bella idea di prendere la scorciatoia? Sua o mia? Magari di tutt’e due, cosa sto a cercare la responsabilità?
-Fermo, fermo, papà.
Le mani, muovo le mani per scacciare le api. Lei sta gridando, ora con un tono di stupore e paura o scandalo e rimprovero, ferma qualche passo davanti a me, ingobbita, il collo scomparso tra le spalle, stupore e rimprovero o paura e scandalo. E’ la prima puntura, la breve, stizzosa, folgorante trafittura a rendermi intelligente.
-Fermo papà, fermo. Fermo.
-Ma.
La mia testa brulica di api. Fermo, dice bene lei, ma come posso resistere così, rassegnato, passivo, imbelle?
Peggio che invelenito e velenoso, il ronzio mi possiede, è il mio sangue stesso a ronzare, peggio che invelenito e velenoso, non posso resistere così, rassegnato, passivo, imbelle. In trappola, in trappola, la rabbia vince ogni diligente viltà, corro verso la svolta della strada, ormai ho smesso di fare il conto delle punture. Non più rassegnato, passivo,imbelle, semplicemente imbecille. Imbecille,certo, imbecille, stupido, cretino, idiota, incosciente, deficiente, demente. I denti stridono contro i denti, i piedi incespicano tra i rovi, l’orizzonte minaccia di capovolgersi, comincia a capovolgersi, si sta capovolgendo, non più azzurro di cielo, giallo di sole, verde di macchia, ma verde di macchia, giallo di sole, azzurro di cielo,cado?
-Papà. Aspettami, papà.
A fatica, i miei piedi ritrovano un appoggio, la terraferma. Ma può essere terraferma un’isola? La corsa affannosa continua. Dopotutto, la svolta è qui subito. Qualche ape si stacca dal grappolo infuriato, resta indietro, ancora pochi passi, pochi passi appena, la svolta è la speranza di una salvezza immeritata da quest’incubo. Lei mi sta sempre gridando, sgridando, ma non posso fermarmi a tentar di capirla ancora.
Oltre la svolta, il golfo laggiù, lontano, ma consolante, le case, la spiaggia, il mare, il mare indifferente, una vela floscia. Respirare piano, la mia inquietudine è una sfumatura, respiro piano. Respiro mio, mio respiro stonato, spropositata  fatica nell’aria appiccicosa, nel sentore di macchia bruciata e di pelle si serpe abbandonata, una stonatura da placare con prudenza metodo, pazienza. La sento alle mie spalle, lei, ma non mi giro, non per ora, vorrei essere maggiormente padrone di me, prima. Ride, dovevo aspettarmelo, del resto, me l’aspettavo. Ride, dolce, indulgente. Non so cosa farmene della sua indulgenza, l’indulgenza altrui è la più offensiva delle offese. Forse è  persino preferibile  il disprezzo all’indulgenza altrui. Lasciar passare qualche attimo, che rida pure alle mie spalle, io continuo a guardare le case, la spiaggia, il mare, la vela, a respirare piano. Ancora qualche attimo, e potrò girarmi a guardare le case, la spiaggia, il mare, la vela, a respirare piano. Ancora qualche attimo, e potrò girarmi, affrontare la conversazione. Mi giro.
-Come? Cosa dici?
-Non sai che è pericoloso muoversi quando si hanno addosso le api? Non lo sai papà?
-Ma , allora, non ti sei mossa pure tu per venire sin qui?
-Stavano tutte addosso a te, ormai, tu le combattevi, a me non badavano.
Ride, dolce, indulgente, sprezzante.
-Contento di averti divertita tanto.
Smette di ridere, prova a cambiare, faccia e tono:
-Divertita, non tanto. Ho anche avuto paura che ti capitasse qualcosa di brutto. Le api possono essere cattive, papà.
-Non l’ho avuta io, l’idea di passare per la scorciatoia.
Le mie dita saggiano, perplesse, guance, mento, collo.Dunque, una, due, tre, quattro punture. No, di più.
-Ti hanno punto molto?
-Ci sarà una medicina per queste cose, non credi?
-Mi dispiace, ma è stata colpa tua.
-Ah, ora vuoi dare la colpa a me? L’ho avuta, forse, io, l’idea di passare per la scorciatoia?
-Parlando di colpa, non parlavo di questo. Se tu non ti fossi mosso come ti sei mosso, le api non ti avrebbero punto. Lo sai, che si può morire?
-Comodo , rivoltare la frittata. La colpa è solo mia, vero? Solo e sempre mia.
-Perché ce l’hai con me, papà?
Mi massaggio guance, mento, collo. Magari, l’idea di passare per la scorciatoia è stata davvero sua, ma non è giusto che tenti di darne la colpa a lei. E’ stata pur mia l’idea di disertare il mare per la montagna, stamani. Tutto per gelosia, la gelosia, confutata dalla ragione, eppure insorgente come voluttà, l’irragionevole gelosia per un rivale appena intravisto, la voluttà di patire per difendere a ogni costo il possesso mai posseduto e , ovviamente, perderlo, averlo perduto prima ancora di cominciare a difenderlo.


1 commento:

  1. Andiamo incontro all'isola,appena un poco incerta nel gran riflesso, spenta foglia arsa, scintillante scheggia di granito, cangiante manciata di sabbia, foglia, scheggia, sabbia impastate di memorie e sogni. (OdB, Tornerai, p. 127)

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