Questo brano di Tornerai ( Einaudi, 1976) è stato pubblicato sulla rivista Lo Scoglio "Primavera'88"- I trimestre- Anno VI pp. 17-18 con il titolo
Le api elbane
Pericolo.La sensazione inspiegabile, la bocca dello stomaco oppressa,
le palpebre che si affannano a sbattere, cercando di decifrare, cosa? Lei è
qualche passo avanti a me, dovrei affrettarmi per raggiungerla: si tratterebbe
solo di rotolare in basso secondo l’invito della scorciatoia. Ma lei è ferma,
ingobbita, il collo scomparso tra le spalle. La sensazione precipita, il ronzio
azzurro di cielo, giallo di sole, verde di macchia lacerati, stravolti,
ribollenti su di lei e su di me. I miei capelli, lo so, sono troppo lunghi
sulla nuca, sporchi, impasticciati, i miei capelli cominciano a fremere, i miei
capelli, sollevo la mano per dominare la ribellione, sfioro il ronzio sempre
più invelenito e velenoso.
-Fermo, papà. Fermo.
Lei ha parlato ancora, insisto a riportare ordine tra i miei capelli,
la bocca dello stomaco oppressa, le palpebre che si affannano a sbattere, non
c’è più nulla da decifrare. Finalmente, riesco ad allontanare quell’ape, ma il
ronzio è più velenoso e invelenito che mai.
La lotta è impari, un’altra ape viene all’assalto. E un’altra ancora.
Un’altra. Api e api , macché pericolo, ci sono dentro, la bocca dello stomaco
oppressa, le palpebre che s’affannano a sbattere, nulla più da decifrare, dentro, dentro. Di pericolo
si può parlare prima che un fatto succeda, quando si sarebbe in grado di
evitarlo, e io ci sono troppo dentro. La rabbia di esserci, in trappola. Di chi
è stata la bella idea di prendere la scorciatoia? Sua o mia? Magari di tutt’e
due, cosa sto a cercare la responsabilità?
-Fermo, fermo, papà.
Le mani, muovo le mani per scacciare le api. Lei sta gridando, ora con
un tono di stupore e paura o scandalo e rimprovero, ferma qualche passo davanti
a me, ingobbita, il collo scomparso tra le spalle, stupore e rimprovero o paura
e scandalo. E’ la prima puntura, la breve, stizzosa, folgorante trafittura a
rendermi intelligente.
-Fermo papà, fermo. Fermo.
-Ma.
La mia testa brulica di api. Fermo, dice bene lei, ma come posso
resistere così, rassegnato, passivo, imbelle?
Peggio che invelenito e velenoso, il ronzio mi possiede, è il mio
sangue stesso a ronzare, peggio che invelenito e velenoso, non posso resistere
così, rassegnato, passivo, imbelle. In trappola, in trappola, la rabbia vince
ogni diligente viltà, corro verso la svolta della strada, ormai ho smesso di
fare il conto delle punture. Non più rassegnato, passivo,imbelle, semplicemente
imbecille. Imbecille,certo, imbecille, stupido, cretino, idiota, incosciente,
deficiente, demente. I denti stridono contro i denti, i piedi incespicano tra i
rovi, l’orizzonte minaccia di capovolgersi, comincia a capovolgersi, si sta
capovolgendo, non più azzurro di cielo, giallo di sole, verde di macchia, ma
verde di macchia, giallo di sole, azzurro di cielo,cado?
-Papà. Aspettami, papà.
A fatica, i miei piedi ritrovano un appoggio, la terraferma. Ma può
essere terraferma un’isola? La corsa affannosa continua. Dopotutto, la svolta è
qui subito. Qualche ape si stacca dal grappolo infuriato, resta indietro,
ancora pochi passi, pochi passi appena, la svolta è la speranza di una salvezza
immeritata da quest’incubo. Lei mi sta sempre gridando, sgridando, ma non posso
fermarmi a tentar di capirla ancora.
Oltre la svolta, il golfo laggiù, lontano, ma consolante, le case, la
spiaggia, il mare, il mare indifferente, una vela floscia. Respirare piano, la
mia inquietudine è una sfumatura, respiro piano. Respiro mio, mio respiro
stonato, spropositata fatica nell’aria
appiccicosa, nel sentore di macchia bruciata e di pelle si serpe abbandonata,
una stonatura da placare con prudenza metodo, pazienza. La sento alle mie
spalle, lei, ma non mi giro, non per ora, vorrei essere maggiormente padrone di
me, prima. Ride, dovevo aspettarmelo, del resto, me l’aspettavo. Ride, dolce,
indulgente. Non so cosa farmene della sua indulgenza, l’indulgenza altrui è la
più offensiva delle offese. Forse è
persino preferibile il disprezzo
all’indulgenza altrui. Lasciar passare qualche attimo, che rida pure alle mie
spalle, io continuo a guardare le case, la spiaggia, il mare, la vela, a respirare
piano. Ancora qualche attimo, e potrò girarmi a guardare le case, la spiaggia,
il mare, la vela, a respirare piano. Ancora qualche attimo, e potrò girarmi,
affrontare la conversazione. Mi giro.
-Come? Cosa dici?
-Non sai che è pericoloso muoversi quando si hanno addosso le api? Non
lo sai papà?
-Ma , allora, non ti sei mossa pure tu per venire sin qui?
-Stavano tutte addosso a te, ormai, tu le combattevi, a me non
badavano.
Ride, dolce, indulgente, sprezzante.
-Contento di averti divertita tanto.
Smette di ridere, prova a cambiare, faccia e tono:
-Divertita, non tanto. Ho anche avuto paura che ti capitasse qualcosa
di brutto. Le api possono essere cattive, papà.
-Non l’ho avuta io, l’idea di passare per la scorciatoia.
Le mie dita saggiano, perplesse, guance, mento, collo.Dunque, una, due,
tre, quattro punture. No, di più.
-Ti hanno punto molto?
-Ci sarà una medicina per queste cose, non credi?
-Mi dispiace, ma è stata colpa tua.
-Ah, ora vuoi dare la colpa a me? L’ho avuta, forse, io, l’idea di
passare per la scorciatoia?
-Parlando di colpa, non parlavo di questo. Se tu non ti fossi mosso
come ti sei mosso, le api non ti avrebbero punto. Lo sai, che si può morire?
-Comodo , rivoltare la frittata. La colpa è solo mia, vero? Solo e
sempre mia.
-Perché ce l’hai con me, papà?
Mi massaggio guance, mento, collo. Magari, l’idea di passare per la
scorciatoia è stata davvero sua, ma non è giusto che tenti di darne la colpa a
lei. E’ stata pur mia l’idea di disertare il mare per la montagna, stamani.
Tutto per gelosia, la gelosia, confutata dalla ragione, eppure insorgente come
voluttà, l’irragionevole gelosia per un rivale appena intravisto, la voluttà di
patire per difendere a ogni costo il possesso mai posseduto e , ovviamente,
perderlo, averlo perduto prima ancora di cominciare a difenderlo.
Andiamo incontro all'isola,appena un poco incerta nel gran riflesso, spenta foglia arsa, scintillante scheggia di granito, cangiante manciata di sabbia, foglia, scheggia, sabbia impastate di memorie e sogni. (OdB, Tornerai, p. 127)
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