Elba isola di poeti e narratori

Elba isola di poeti e narratori è un'antologia, ma non un' antologia critica perché non sono una critica, né desidero esserlo. E' il percorso di una lettrice che ha con la parola scritta un rapporto emotivo, empatico, emozionale e non intellettuale, che tenterà di dare uno sguardo sugli scrittori elbani e sull’Elba nella letteratura.

domenica 10 febbraio 2013

Michele Villani

Lo sguardo di uno scrittore, talvolta, con le sue descrizioni  e con l’efficacia della sintesi, trasmette quadri veritieri del passato più vivi di un serioso e documentato saggio storico.
Ciò accade anche in I come Isola , raccolta di racconti di Michele Villani, portoferraiese, avvocato di professione,scrittore per diletto.
Il libro pubblicato  postumo nel 1994 dal  Centro Grafico Elbano di Portoferraio è composto da 10 racconti, ognuno dei quali attraverso le vicende dei vari protagonisti ci fa rivivere  l’isola nella prima metà del novecento, con una parentesi napoleonica che vede l'incontro tra il Grande Corso e Maria Walewska. Si tratta di storie di ampio respiro, scorrevoli e godibili dal lettore che non rimane mai deluso.



La prima storia intitolata  Il ritorno di Daniele Pardo narra il viaggio verso l’Elba, dopo 38 anni di assenza,  dell’ebreo Daniele,  che fu costretto con la famiglia a lasciare l’isola e l’Italia nel periodo delle leggi razziali.

In treno, simbolo del  viaggio della vita, in un continuo alternarsi di flashback  egli rivive gli episodi di guerra, la fuga dall’Italia, la giovinezza elbana , la vita all’estero. A causa del suo cuore malandato, arriva sfinito a Piombino e con fatica riesce a salire sul traghetto:
Era già notte quando il traghetto staccò dal molo. Aveva imbarcato decine di macchine e centinaia di persone, già rese euforiche dall’aria della vacanza, si accalcavano sul ponte e nei saloni. Le traversate dei suoi tempi gli rivennero alla mente: pochi passeggeri, allora, transitavano su quel tratto di mare, auto quasi mai. Saranno state dieci, al massimo venti, quelle che circolavano per le strade dell’isola. Si ricordò la “ Kiribiri” lenta e sbuffante di un anziano impiegato, la rossa alfa di un giovane ganimede che veniva a trovare il vecchio zio facoltoso.
Cosa troverò ancora di cambiato laggiù?  Si domandò. E quasi si dispiacque di quel viaggio, di quel ritorno che poteva distruggere l’immagine dell’isola che per tanti anni si era portata dietro.( pp. 37-38)Tuttavia in prossimità di Portoferraio ritrovò l’ isola della sua giovinezza :
Il faro, ecco il faro del forte Stella! Per un attimo nella sua memoria riemerse un altro faro, quello di Cap Frèhel che di poppa al peschereccio che li aveva raccolti e che li portava in Inghilterra, spariva pian piano nella foschia dell’alba.
Ma questo non spariva, la luce della lanterna diventava sempre più nitida e più vicina, questo era il faro del suo paese, il faro che andavano a “scoprire” con una lunga nuotata dalla spiaggia delle Ghiaie. Girò lo sguardo per ritrovare un altro e vecchio amico e subito vide il lampeggiare del fanale rosso dello Scoglietto.
Non c’erano più dubbi, ce l’aveva fatta a ritornare, ma com’era stato duro il cammino, com’erano stati lunghi e interminabili questi anni!
E tornava solo : il nonno Ugo , il babbo e la mamma erano morti, scomparsi nella bufera in qualche posto dell’Europa in guerra e niente c’era, sotto il sole, che li ricordasse, se non  il suo cuore affaticato
(pp.43-44)

Solo il Faro e lo Scoglietto però l’avevano accolto come nei suoi giorni spensierati, dopo tanti anni niente era più come prima:
Scese nella calca e appena mise piede a terra si fermò, incurante degli urti di quelli che gli stavano dietro. Non riusciva a vedere niente e sentiva le lacrime corrergli lungo le guance.
Si sottrasse alla folla, asciugò le lacrime e dette uno sguardo attorno. Era tutto cambiato dai suoi tempi, non era più la vecchia darsena ad accogliere, tra le braccia spalancate delle sue banchine, i pochi passeggeri provenienti dal continente, eppure l’aria, il cielo, erano gli stessi e anche la terra, l’isola, era la stessa degli anni della sua giovinezza. Si sentiva rinvigorito, avido di scoprire il suo vecchio mondo.
( p. 44)

Cosa scoprirà e quale sarà la sua reazione di fronte a un’isola completamente diversa non lo sapremo. L’autore lascia  Daniele  diretto verso una camera d’albergo alla Biodola :
Forse, nella sua camera, in quell’albergo sconosciuto, avrebbe sognato un più felice ritorno: correndo sulla spiaggia, nel primo mattino, avrebbe ritrovato i suoi vent’anni e tutti gli anni trascorsi sarebbero stati cancellati, ogni loro traccia si sarebbe di dispersa nella brezza leggera che spirava dal mare.
Solo una traccia sarebbe rimasta: gli sarebbero venure incontro, giovani, gaie spensierate le tre donne Judith, Lucienne, Blanche, e  nel loro sorriso, nei loro occhi, avrebbe ritrovato i cieli azzurri , i grandi prati verdi, le timide e fresche speranze della sua giovinezza.
Sorrise alle loro immagini, mentre il taxi scendeva verso le luci.
Ecco in loro compagnia avrebbe riscoperto la sua isola, con loro a fianco il suo stanco cuore avrebbe ritrovato la forza per quest’ultimo disperato tentativo di continuare a vivere.
(pp. 45-46)


 Sandra

2 commenti:

  1. Ricordo con piacere l'autore della copertina del libro di Michele Villani: Mario Monge, grafico e fotografo straordinario che ci ha lasciato splendide immagini della nostra Isola!! @giuzioanto

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  2. Grazie Antonella per aver ricordato Mario Monge, ogni notizia è preziosa. Tra l'altro ho trovato una foto di Italo Calvino scattata da Monge.
    Sandra

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