"LEGGERINO"
di Ivo Bandi
Mi ricordo di una figura, per me bambino,
leggendaria, che più tardi avrei ritrovato nella tipologia umana descritta da
Neri Tanfucio nel "Matto delle giuncaie". La gente del posto lo
chiamava "Leggerino", per la sua incredibile magrezza. Il suo
mestiere era pescatore di polpi, l'unica persona a mia conoscenza che traesse
esclusivo sostentamento da questa attività.
"Leggerino" amava il colore celeste:
celeste era la sua barca, un piccolo gozzo stagionato dal tempo, celeste la
vecchia camicia, azzurro scuro la tela dei pantaloni che si ricordavano molte
primavere, celeste la bicocca che abitava. Chissà, forse voleva immedesimarsi,
mimetizzarsi nell'ambiente a lui più naturale, al colore di quell'elemento, il
mare, su cui passava la sua esistenza, e di quell'altro elemento, il cielo, che
ne faceva da sfondo.
Era, come
tutti gli uomini di mare, di poche parole. Poteva definirsi timidezza, ma era
piuttosto desuetudine ai rapporti interpersonali, che non fossero quelli
indispensabili legati alla vendita dei polpi, che soleva offrire - in una borsa
infilata al manubrio della bicicletta - alle famiglie del contado.
Per noi giovani pescatori amatoriali "Leggerino"
era un mito, oltre che un temibile concorrente. Il fatto di vederlo nei paraggi
significava dover cambiare zona, non potendo ragionevolmente competere con un
simile professionista. Conosceva come le sue tasche il fondo del mare, che
scrutava con vista da gabbiano mentre remava in piedi lentamente.
Aveva un profilo donchisciottesco: il volto affilato
e incavato, bruciato dal sole come tutti i vecchi pescatori; gli occhi azzurri
e penetranti sotto le folte sopracciglia; i capelli bianchi, lunghi ed
arruffati dal vento, che non conoscevano riparo; le vesti che gli danzavano
addosso.
Mancava solo Sancho Panza, mentre il cavallo era
certamente la sua barca. E, come Don Chisciotte, portava con sé una sorta di
tristezza interiore. Forse percepiva di essere l'ultimo moicano, lui che
conosceva così bene il suo mestiere, destinato ad essere soppiantato da altri
metodi di pesca, devastanti e distruttivi; che assieme all'inquinamento e al
rumore delle eliche avrebbero spazzato via, non molti anni dopo, ogni traccia
di polpi da quelle stesse acque che da che mondo è mondo li avevano ospitati.
Non so da
quanto tempo è morto "Leggerino" ma ho, a distanza di tanti anni,
ancora vivo in mente il suo profilo che si stagliava in beata solitudine nella
sua barchetta all'orizzonte sul mare.
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