Copertina di Sergio Marianelli
La rosa dei Venti di Cesare
Giacomo Toso, Firenze, Florent Art
Edizioni, 2012
La
rosa dei Venti è l’ultima raccolta di
poesia di Cesare Giacomo Toso che ha già
pubblicato con la stessa casa editrice Florent Art Edizioni, Alter
Ego. Versi liberi o neoromantici nel 1998 e
Giorno dopo giorno nel 2001.
Toso ha ottenuto numerosi riconoscimenti,
tra i quali ci limitiamo a ricordare il primo premio al Città d’Este nel
2005 ,il primo premio al Bartolomeo Sestini di Capoliveri nel 2005 e nel 2006,
Il fiorino d’oro per la poesia inedita al Premio Firenze nel 2006, la selezione
d’onore al Premio Firenze per la poesia inedita nel 2007, la selezione al Premio Internazionale Mario
Luzi nel 2012.
La
sua terza raccolta La rosa dei venti si apre
con la poesia Se mai tornassi dove con tono quasi sussurrato e pochi versi
delicati il Poeta dipinge il suo sogno:
Se mai tornassi/
a seguir la raganella/e contare i girini/dentro al fosso,/vedere il limo/incunearsi
nel dosso/dove la vita/ torni a spargere sostanza/ e non limiti/ i colori all’evasione.//
Illumini la finestra/ a sera, / dove l’impossibile/ preceda questo giorno.
Una poesia introspettiva, una poesia
dell’anima alla continua ricerca di un mondo, di una felicità terrena perduta, ma
tuttavia sempre inseguita e immaginata fuori dal presente, spostata altrove.
L’altrove diventa così il punto focale verso cui l’uomo si sente attratto come
le folene dalla luce delle lanterne e dove egli si illude si trovi il suo Eden.
E’ una poesia legata alle emozioni del ricordo, alle sensazioni che restano
fotografate nelle memoria ed oggi riproposte sul piano espressivo della
liricità. Nel testo iniziale troviamo accennati i maggiori temi cantati
dall’autore nella sua raccolta: la natura da lui spesso descritta con toni lievi,
sfumati, quasi a dipingere un quadro impressionista, la malinconia per ciò che è passato, la riflessione sulla
vita umana.
Descrizione
della natura e riflessione si fondono nella seconda poesia Al bosco : la merla ,
poco prima dell’inverno, vola attorno al capanno dove arde la legna, si divide il pane e il taglialegna/ come la merla/ si contenta/
e campa/ e la natura e la grande capacità di descrivere con versi musicali
e chiari sono i protagonisti di Quando è
novembre che ci presenta un quadro di un lago dove il panorama e l’aria malinconie rinnova.
La
malinconia che traspare nei versi di Toso, è una malinconia che possiamo
definire delicata, mai tagliente,mai arrabbiata e anche quando l’autore rivolge
al Signore una preghiera bastano poche righe per sintetizzare la sua esistenza
e quella dell’umanità : Come luce
vieni/col tuo nitore/ e dal dolore presente/ ci consoli.
Il
mare, elemento centrale della natura e nella vita dell’autore cresciuto
affacciato sul mare, ricorre in più di una poesia e non poteva essere altrimenti
. Toso il mare lo conosce bene e lo canta con musicalità.
Mare
che può essere aspro/ e struggente/ come
il tempo/ che precede come quello che solcò
assieme alla madre che volava
con ali pesanti quando lasciarono l’Elba
per trasferirsi a Firenze dove Toso riprese
gli studi universitari dopo la perdita della vista in seguito ad un incidente stradale:
Adonai
Fu quel giorno,
nella scia
di un mare aspro
e struggente,
come il tempo
che precede.
Sì, eravamo
diversi
siamo quelli
naufragati
al di qua
sul continente,
fra gli alberi
fatti ostacoli,
irte palafitte;
ignari,
sconosciuti
pensieri.
Così cominciò
un altro giorno.
Perla, con me
mi guardava
con i suoi occhi
fatti brace.
Volava con ali
pesanti
di colomba
ferita
come spesso
spirito
di forza
e solitudine.
Io, condottiero
vinto
volsi lo sguardo
indugioso,
perso,
su di lei
e la seguii.
Tutto taceva,
in quel grigio
fresco mattino.
Lei che
d'inverno
amava il
silenzio
quando il mare
senza nubi
è infinito,
era felice
nella pace
del suo cuore.
Ora, la stagione
del bello
è rimasta
al di là
sulle ferrigne,
brunite
scogliere.
Si apriva
il nostro mare
ci lasciava
andare
verso un'altra
Sion;
allora si compì
l'ultima estate
e tutto si
rifaceva
attesa e vita
nuova.
Ma, non sentimmo
più né odore di
mare,
né il vento.
Quel
mare che i pescatori si portano dentro
quando tornano a casa stanche e delusi in Porto
Pidocchio, il mare che si vede dal
suo balcone, che sbatte la sua schiuma in Capo
Bianco , un bellissimo testo
dedicato alla sua spiaggia, al suo amato sport, alla sua giovinezza
ricordata quando i capelli più non sono
come l’oro.
Capo Bianco è , tra
l’altro, la poesia con cui l’autore ha vinto il XXIV Premio di Firenze per la
poesia inedita nel 2007 con questa motivazione:
Con tratti rapidi e sapienti il poeta descrive
un’estate elbana lontana nel tempo, interpretando con originalità la voce e i
colori dell’isola amata, come metafora del proprio profondo sentire: così l’esistenza
stessa intera si snoda attraverso il filtro dei ricordi in versi di intensa
forza lirica. Di volta in volta i sentimenti si identificano con la voce del
mare, con i colori vividi della natura, con il trascolorare dell’oro dei
capelli; il tutto reso con pennellate vibranti “rubate” alla pittura
impressionista.
Capo Bianco
Qui, seguivo
da ragazzo il sole
che all'orizzonte
lentamente declinava.
Mi pareva
imbalsamata aurora.
Allora, i miei
capelli erano
come l'oro.
A picco,
la bianca scogliera
sbatteva schiume,
dove alla risacca
il nero granchio
faceva capolino,
il territorio vinto
a dominare.
A Villa Tesei
le cotogne
ormai ingiallite
cadevano
come fichi settembrini.
Le balze
a vigna rossa,
vermigli grappoli
offriva ondeggianti
alla ventosa
elbana estate.
Poi, il viottolo
là che muove
al campo
dove di tennis
piena era
la mia vita.
Intanto,
la piccola cala
di Padulella,
dal tramonto
ombreggiata,
copriva
piante grasse
rampicanti a salire,
aperti fiori
dai toni cardinali
come stelle
marine al sole.
Qui, sono tornato
come gabbiano
fermo alla marina,
ma, i miei capelli
più non sono come l'oro.
Nei versi di
Cesare Toso il
mare s’intreccia con l’amore come nei versi iniziali e finali di
Composizione breve: il mare in trasparenza/ di nuovo appare… le
tue piccole mani/lievi, magiche, come l’Irlanda/ il cielo,/ Lucia.
E
l’amore è, infatti, un altro grande tema
trattato nelle poesie del libro “La rosa
dei venti”. Il titolo, non a caso, prende il nome dal primo verso della poesia a Lucia G.,ma anche altri testi parlano d’amore, l’ amore verso la
madre Marta , la nonna, le donne tutte
come nella poesia intitolata appunto Le
Donne che si apre con un’invocazione di Giovanni Paolo II nella “ lettera
alle donne” “ Vegli Maria,/ Regina
dell’Amore/ sulle donne/
L’ amore , come ben scrive
scrive Vera Franci Riggio nella prefazione in una prospettiva modernamente
stilnovistica, veduto e vissuto, come sublimazione ( non negazione)
dell’istinto e proiettato in una dimensione di
luce, di canto, di consolazione. Lucia, la sua donna, è infatti luce
gentile, stella che al pari dell’astro mattutino accompagna /il giorno/ chiara
radiosa/ come Venere fanciulla”.
Lessi
le prime poesie di Cesare Toso nel 2001 e già mi colpì la naturalezza dei suoi versi che riescono a rievocare un
momento, sia descrittivo che introspettivo, con pochi tratti.
In
La Rosa dei Venti ho trovato un Toso più maturo e ancor
più raffinato nella scrittura, un poeta
che oltre a riprodurre quadri nitidi e colorati ci regala poesie che
trasmettono serenità per il continuo interagire
della natura con i sentimenti umani e che in fondo sono una lezione di
vita per chi legge perché ciò che scrive l’autore rispecchia le emozioni e i turbamenti degli stessi lettori.
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