Elba isola di poeti e narratori

Elba isola di poeti e narratori è un'antologia, ma non un' antologia critica perché non sono una critica, né desidero esserlo. E' il percorso di una lettrice che ha con la parola scritta un rapporto emotivo, empatico, emozionale e non intellettuale, che tenterà di dare uno sguardo sugli scrittori elbani e sull’Elba nella letteratura.

domenica 3 novembre 2013

“Una vita non basta. Memorie da una metamorfosi” di Luciano Minerva



Vi ricordate il polpo Paul che durante i Mondiali di calcio del 2010 aveva indovinato l'esito di tutte le sette partite della nazionale tedesca e il risultato della finale Spagna-Olanda?  A questo polpo pescato, si dice, da Yuri Tiberto nel mare elbano, il giornalista e scrittore Luciano Minerva si è ispirato per il suo romanzo intitolato Una vita non basta. Memorie da una metamorfosi , Robin, 2013.


Brano tratto da Una vita non basta. Memorie da una metamorfosi” , Robin, 2013 di Luciano Minerva

Ho sempre amato i luoghi dove la terra e il mare comunicano tra loro: le spiagge e le scogliere. Fiorella preferiva la varietà alle abitudini e voleva che Lorenzo coltivasse quell’incredibile capacità che hanno i bimbi fino a due o tre anni di scoprire sempre qualcosa di nuovo. Così ogni giorno, quando ancora non sapevo né  camminare né parlare, mi portava su una spiaggia diversa. Il rito che mi insegnava, invece, era sempre lo stesso, è tra le prime sequenze della mia memoria umana: si sedeva con me sulla riva, mi teneva in braccio per qualche minuto e mi bagnava, con le sue mani morbide e leggere, la testa, il petto, le braccia, le gambe. Poi mi metteva a sedere accanto a sé, prendeva un piccolo sasso o una manciata di sabbia, li guardava con attenzione, se li passava da una mano all’altra e li posava sulle mie, perché ne scoprissi la consistenza, la temperatura, il colore, il peso, la forma. So da sempre che non esistono due spiagge uguali: per il colore della sabbia e dell’acqua, la forma e la grandezza dei sassi o degli scogli, l’orientamento, i tagli di luce, il panorama, i suoni. Le spiagge sono come le persone, puoi trovare qualche somiglianza tra l’una e l’altra, ma più le osservi, più noti le particolarità, le originalità, le differenze. E come i corpi umani e animali, come gli sguardi e i tratti del viso delle persone, le spiagge si modificano giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Nella mia gabbia di vetro passo il tempo a osservare e a meravigliarmi delle piccolissime variazioni della realtà e ho conservato il piacere di classificarle e memorizzarle. Le alghe di plastica che arredano la mia prigione non riproducono certo tutte le forme di quelle del mare, ma l’acqua che entra nella vasca non le lascia mai nella stessa forma e loro non fanno un solo gesto uguale all’altro. Sulla parete di fronte alla mia tana ci sono quattro gradini di una piccola scala di ferro, come quelle delle navi. Si è formata della ruggine. Grazie a questa vedo decine, forse centinaia, di piccolissimi disegni, uno diverso dall’altro, che si sono create su gradini e montanti. Così posso osservare ogni giorno un panorama sempre diverso.
Il Lorenzo che ero, crescendo, aveva conservato l’abitudine presa da bambino a queste varietà e diversità: non si tuffava mai due volte di fila dalla stessa spiaggia o dagli stessi scogli, sceglieva, ogni giorno, le sfumature più adatte al suo stato d’animo e al suo umore, esposti alle variazioni più sottili. Quando ritornava su una spiaggia, cercava subito le novità, che non mancavano mai. Sapeva riconoscere a occhi chiusi il carattere di tutte le spiagge dell’isola, anche se sono centocinquanta. Nella mia camera tre scaffali della libreria erano occupati da sassi e barattolini con campioni di sabbia: tutti avevano il loro bel cartellino con il nome della spiaggia di provenienza. Erano ordinati per scala di colori, dal bianco dell’Enfola al nero dell’ematite dei Topinetti; c’erano i ciottoli tra il verde e l’azzurro della serpentinite, raccolti vicino a San Piero, e perché non mi mancasse il rosa dell’elbaite, avevo usato un piccolo scalpello per prenderne un frammento dalle scogliere di Sant’Andrea, ma questo non l’avevo mai detto a nessuno.
( pp. 64-66)

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